Un anno a Rovere (1943-1944) è la piccola grande storia di una famiglia ebrea che, fuggita da Roma una settimana dopo l’8 settembre 1943, si ritrova per dieci lunghi, gelidi mesi in un paesino sperduto tra le montagne abruzzesi, condividendo con la gente del luogo le paure e le difficoltà di un inverno reso ancor più duro dalla convivenza forzata con le truppe degli occupanti tedeschi e dai mitragliamenti degli aerei alleati. L’autore mescola sapientemente i ricordi personali con le pagine di un diario infantile e con le lettere che i genitori inviarono dopo la liberazione ai parenti sparsi per il mondo. Quella raccontata è un’avventura finita complessivamente bene, dalla quale emerge il rapporto difficile e intenso tra i membri di una borghesia cittadina, un borgo di contadini e dei soldati che combattono a malincuore una guerra che considerano ormai perduta. Un rapporto che ha indubbiamente segnato la vita di tutti i protagonisti, per i quali ha rappresentato un importante momento di crescita che ha lasciato un ricordo indelebile. Il libro è arricchito dalle fotografie di Vito Camiz che ritraggono molti dei personaggi della presente storia, nonché dai disegni che il piccolo Paolo fece per illustrare il suo diario.

Paolo Camiz, nato a Roma nel 1938, si è laureato in Fisica alla Sapienza e nella stessa Università è stato professore di Istituzioni di Fisica Teorica, Fisica Nucleare e Acustica Musicale, svolgendo attività di ricerca in Fisica Nucleare e sulla modellizzazione dei sistemi percettivi. Diplomato in pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia si è dedicato al canto prendendo parte all’attività di numerosi gruppi corali, di alcuni dei quali è stato fondatore e direttore, orientandoli verso repertori rinascimentali. Da anni è attivo nel campo della scultura, che interpreta riciclando “ferri vecchi”: costruisce mediante elettrosaldatura opere nelle quali si intrecciano astrattismo geometrico e realismo drammatico o grottesco.