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DOSSIER PORTOPALO intervista con l'autore
a cura dell’Ufficio Stampa GB EditoriA, Roma, 11 dicembre 2008
A seguito del continuo interesse che “Dossier Portopalo” sta suscitando intorno a sé, poniamo al suo autore, Sergio Taccone, alcune domande, con l'obiettivo di poter meglio evidenziare i punti di forza del suo ricco lavoro.
Sergio Taccone: Innanzitutto mettiamo bene in chiaro una cosa: Dossier Portopalo è un libro inchiesta e non un romanzo. Tutti i riferimenti riguardanti i fatti sono richiamati, citando le fonti documentali da cui ho attinto, circa 400 tra articoli pubblicati sulla carta stampata e sul web, trasmissioni televisive, lavori teatrali, documentari, riferimenti processuali, ricerche specifiche, oltre ad una mole consistente di testimonianze raccolte a Portopalo, in larga parte tra pescatori che hanno vissuto direttamente o indirettamente la tragedia dei corpi delle vittime del naufragio, trovati in mare e ributtati per non rischiare il blocco del peschereccio.
Intervistatore: Nelle pagine iniziali del libro, elenchi uno dei punti fermi del tuo lavoro: la necessità di capire. Cosa intendi?
Sergio Taccone: I meriti riguardanti la scoperta della tragedia vanno al quotidiano il Manifesto che già nei primi mesi del 1997, ossia pochi giorni dopo il naufragio, si occupò di questo tragico fatto, inviando un suo inviato in Grecia dove erano sbarcati i sopravvissuti della Yiohan. Quasi in totale solitudine, l’eccezione nazionale riguardò l’emittente siciliana Telecolor, il quotidiano comunista ricostruì la terribile odissea degli oltre trecento uomini, pakistani, cingalesi e indiani, fino all’affondamento del barcone maltese, colato a picco tra Malta e la Sicilia la notte di Natale del ’96, causando la morte di 283 persone. Il carico umano era stato trasbordato dalla nave Yiohan, battente bandiera honduregna. A marzo del ’97 si mosse, con grande solerzia ed impegno, la Procura della Repubblica di Siracusa che aprì l’inchiesta poi sfociata nel rinvio a giudizio del capitano della Yiohan e di parecchi membri del suo equipaggio. Va ricordato che il capitano, un libanese, è stato condannato alcuni mesi fa, dalla Corte d’appello di Catania, a trent’anni di carcere. La necessità di capire è scaturita dopo, dal 2001 in poi diciamo, quando è sembrato, in seguito al ritrovamento di un relitto, sulla cui esatta permangono dei dubbi, che tutte le colpe del naufragio andavano ascritte ai pescatori di Portopalo. Di colpo, la comunità portopalese è diventata sinonimo di nefandezze, omertà e familismo, un luogo dominato da persone spregevoli, con eccezioni positive rigorosamente ad personam.
Intervistatore: Scaturisce da qui la necessità di capire?
Sergio Taccone: Certo. Portopalo è un piccolo comune del siracusano di poco più di tremila abitanti, con pregi e difetti ovviamente. Soffermandoci sul tema immigrazione, dagli anni ’90 in poi, grazie all’impegno della locale parrocchia e di tanti volontari, il valore dell’accoglienza dei migranti ha avuto sempre un grande risalto. Dal 1999 esiste un volontariato organizzato, con un efficiente gruppo comunale di protezione civile che entra in azione ogni volta per il primo soccorso di quanti approdano a Portopalo. Dal 2001, anno in cui ho cominciato la mia attività giornalistica, ho registrato spesso un rapporto di 1 a 1: un volontario per ogni migrante che arrivava. La casistica dei gesti di solidarietà e dell’impegno della comunità portopalese verso i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati è sterminata. Di recente, persino una commissione Onu ha certificato l’efficienza del primo soccorso ai migranti garantito dai volontari portopalesi. Una realtà molto positiva che stride al cospetto della disinformazione e delle gravi falsità dette, da alcuni anni a questa parte, ai danni della gente di Portopalo. Tutto questo è scaturito da un’ansia irrefrenabile di uniformarsi, da parte di tanti, alle semplificazioni di certa grande stampa dalla vocazione molto elevata al linciaggio. E nel web la cosa è ulteriormente amplificata, attraverso il meccanismo del copia e incolla. Basta mettere, infatti, le parole naufragio e Portopalo su un qualsiasi motore di ricerca per avere conferma di questa realtà deleteria. E chi va in controtendenza, esibendo inoppugnabili dati di fatto, diventa un mistificatore, un disinformatore, un fascista. Tutto questo è assurdo.
Intervistatore: Perché parli di dubbi residuali sull’identità del relitto trovato nel 2001 a 19 miglia da Capo Passero?
Sergio Taccone: Innanzitutto, non è mai stato mostrato, nonostante le numerose immagini scattate da un rov su quel relitto, alcun riferimento in grado di confermare l’identità del barcone al di là di ogni ragionevole dubbio. Tralascio le numerose difformità presenti in altre ricostruzioni inerenti il naufragio del Natale ’96. Ho trovato casi in cui lo stesso soggetto una volta è comandante della barca che affonda a largo della Sicilia e in un’altra circostanza è il mozzo. Infine, va sottolineato il silenzio calato sul recupero di questo relitto dopo lo stanziamento, ad inizio 2007 e ad opera del governo Prodi, di circa due milioni di euro. Furono effettuati i primi rilievi con una nave oceanografica, poi il nulla: sull’operazione recupero fu fatto calare un fitto silenzio. Oltretutto, l’allora presidente del consiglio Prodi non rispose ad un’interrogazione parlamentare incentrata su questo recupero e presentata sei mesi dopo i rilievi. Insomma, le zone d’ombra resistono ancora oggi.
Intervistatore: Il tuo libro è un documento importante a disposizione di quanti vorranno approfondire gli aspetti del più tragico naufragio nel Mediterraneo nel secondo dopoguerra.
Sergio Taccone: Già, questo è un dato di fatto. Dossier Portopalo, tanto la prima ma soprattutto la nuova edizione, è andato bene anche in termini di distribuzione. Pur senza grandi mezzi, siamo riusciti, grazie al lavoro egregio della GB EditoriA di Roma, a fare arrivare il nostro messaggio e ci sono altri progetti in cantiere. Ho la fortuna di aver trovato un team editoriale molto motivato e una casa editrice dinamica e di elevate competenze che ha creduto nel mio lavoro.
Intervistatore: I prossimi progetti sono la realizzazione di un documentario sulla vicenda, in base alle tue indicazioni, e la traduzione del libro in lingua inglese?
Sergio Taccone: Nel 2009 lavoreremo su questi due progetti con il massimo impegno.
Prima di salutarci, Sergio Taccone ricorda tre citazioni che ha voluto inserire all’inizio di “Dossier Portopalo”. La prima è di Nadezda Mandel’stam, moglie del grande poeta russo Osip Mandel’stam: “Improvvisamente nacque il Samizdat. Nessuno sa come sia incominciato, nessuno sa come funzioni, eppure c’è, esiste e risponde alle reali esigenze del lettore… alla fine c’è sempre qualcuno che ritorna in sé e si scuote di dosso la maledizione del letargo”. La seconda citazione è di san Paolo (II lettera ai Corinzi): “Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte; afflitti, ma sempre lieti”.
Intervistatore: E la terza?
Sergio Taccone: Già, dimenticavo la terza. E’ tratta dal libro di Leonardo Sciascia “A futura memoria”: il fatto è che i cretini, e ancor più i fanatici, son tanti; godono di una così buona salute non mentale che permette loro di passare da un fanatismo all’altro con perfetta coerenza. Bisogna loro riconoscere, però, una specie di buona fede: contro l’etica vera, contro il diritto, persino contro la statistica.
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