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Budapest, luglio 1944.
La sorte degli ebrei ungheresi appare già segnata, in quanto
Heinrich Himmler, Ministro dell’interno del governo nazista, ha
ordinato al terribile Adolf Eichmann di organizzare la cattura di
tutti quelli non ancora deportati (ovvero, oltre mezzo milione di
individui). È in tale inquietante contesto che fa la sua comparsa il
trentaduenne Raoul Gustaf Wallenberg, diplomatico svedese (appartenenete
a una ricca e influente famiglia) arrivato a Budapest con una
precisa intenzione: trarre in salvo il maggior numero possibile di
ebrei... Per farlo, ha in mente una geniale strategia basata
sull’assegnazione di “passaporti di protezione” a ogni ebreo in
grado di attestare un legame (a volte inventato di sana pianta) con
la Svezia. Tale soluzione – e il successivo riparo offerto agli
ebrei in apposite “case di protezione” – consentirà infine al
giovane Raoul di salvare quasi 100.000 vite umane. Il racconto di
come ciò avvenne e del mistero legato alla sorte di Wallenberg – che
fu prima imprigionato dalla polizia segreta sovietica e poi
“scomparve” senza lasciare traccia nelle prigioni staliniane – è il
contenuto del presente volume, arricchito in appendice da alcune
estratti delle memorie della spia sovietica Pavel Sudoplatov, da cui
emergono notizie inedite non sufficienti però a fare piena luce
sulla sorte toccata al valoroso “eroe di Budapest”, o “Schindler
svedese”, com’è anche detto Raoul Wallenberg. Di lui, rimangono
dunque due cose: il mistero irrisolto della sua fine e, come scrive
Domenico Vecchioni, “il ricordo della missione con cui salvò
migliaia di vite e la speranza che ha lasciato all’umanità...”.
Diplomatico di
carriera, Domenico Vecchioni è stato tra l’altro Console Generale a
Madrid e Ambasciatore d’Italia a Cuba. Saggista, storico e abile
divulgatore, ha al suo attivo biografie storico-politiche (da
Evita Perón a Raúl Castro) e studi sulla storia dello
spionaggio (Richard Sorge). Nel 2012 ha
pubblicato per la GBE La follia al potere: storie di
satrapi e tiranni del XX secolo. |