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Bramante, chiamato da papa Giulio II a ristrutturare la Rocca
Albornoz di Viterbo, divenuta residenza pontificia – come
testimoniano due documenti, uno del 1506 e uno del 1508 – effettua
una radicale modifica del complesso, dotandolo di Scuderie
monumentali, esterne ma vicine al palazzo, addossate alle mura
urbane. Dopo i bombardamenti del 1944, il crollo della copertura e
delle volte a crociera, poggianti su 24 colonne in peperino alte
quasi cinque metri, non più visibili, aveva condotto all’abbandono e
al progressivo degrado della struttura, già riadattata a cercere. I
circa tre metri di rovine coperte da piante infestanti nel suo
spazio interno, racchiuso dalle mura in parte crollate, avevano
occultato ogni valenza architettonica. È stata la ricerca storica a
innescarne il salvataggio – sensibilizzando gli Organi di Tutela e
le Istituzioni locali – indicando inoltre le linee progettuali del
restauro effettuato. I lavori di ripristino dell’edificio, iniziati
nel 2015 sono oggi terminati. Il rinvenimento di tutte le colonne (o
dei loro pezzi) e dei capitelli ha reso possibile consolidarle e
riposizionare le stesse sulle loro basi, ricostruendo le parti
necessarie a rievocare l’antica spazialità interna delle Scuderie e
a suggerirne la configurazione esterna, utilizzando il materiale
lapideo derivato dai crolli seguendo la prassi di un antico
cantiere. Tale scelta ha riguardato anche la restituzione di due
crociere, mentre le altre sono state realizzate con tecniche e
materiali moderni. La zona nord è stata lasciata scoperta come fosse
un “sito archeologico”, con le colonne riposizionate, e nella parte
centrale dell’edificio – presso l’ingresso da piazza Sallupara – è
stata conservata la memoria della storia ottocentesca in alcuni
lacerti delle carceri. La scelta progettuale nel restauro attuato è
stata condizionata dalla grande quantità di materiale autentico a
disposizione, rinvenuto tra le macerie, che ha consentito così la
resurrezione di un monumento di indiscusso valore storico. |