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Alla
sera, prima di cena, mia madre mi metteva in mano quella bottiglia
senza parlare. “Il latte”, voleva dirmi, “va a comprare il latte”. E
io andavo, con la golosa visione dell’imminente, lunga sorsata
bianca e cremosa che, uscendo dalla rivendita sotto casa, avrei
sottratto a quella verde bottiglia, per riportarne poi a livello il
contenuto con l’acqua della complice fontanella. Sotto casa
anch’essa, come l’angusto esercizio dove, a ogni sera feriale, la
vecchia gerente mi faceva una carezza, riempendo la bottiglia della
mamma, con il sorriso di una sdentata intesa. Ora la mamma non c’è
più. Nemmeno lei, la mummia vivente, che di certo quel latte lo
annacquava prima di me. Io custodisco ancora la verde teca della mia
infanzia. È solo un vuoto a perdere, ma quando sarò chiamato
alla restituzione, sarà me che Lassù vorranno, non il contenitore di
un’adolescenza passata a cancellare con acqua di fonte la prova di
un esaltante peccato di gola. Sarà me, sarò io, quel giorno, il
vuoto a perdere. Confesso, però, che viaggerei meglio, con quella
bottiglia al seguito.
Vito Caporaso è nato a La Spezia nel 1936 e risiede a Roma dal 1985.
Laureato in Scienze Politiche presso l’Università Sapienza di Roma,
ha prestato servizio militare volontario nell’Esercito dal 1955 al
2003. Tra le sue ultime pubblicazioni: Tolgo il disturbo
(2012), L’amore nella casa di ringhiera (2013), Confidenze
di un cane vedovo (2014), Qaumaneq (2015), Prima,
durante e dopo (2016), Le soldat inconnu (2017),
Volevo fare il vescovo (2018). |